Quando una persona sta attraversando problemi psico-emotivi, può andare da uno psicoterapeuta; quando affronta problemi clinici che richiedono un intervento farmacologico, o addirittura si sospetta un disturbo psichico, bisogna ricorrere ad uno psichiatra. Quando si ha una malattia fisica, è al medico che chiediamo un consulto. Se la persona attraversa una ricerca esistenziale e sente il bisogno di vivere da un senso più ampio e più profondo, allora è consigliabile che cerchi un counselor transpersonale.
Il facilitatore transpersonale viene spesso definito, metaforicamente, come un accompagnatore dell’anima. Questo/a svolge il bellissimo lavoro di accompagnare gli altri nel profondo del cuore umano.
Accompagnare un essere umano nel suo processo di ricerca e crescita personale sembra un bellissimo lavoro. Potresti però chiederti: “Sarò in grado? Sento che ho ancora tanto lavoro da fare! Sono così consapevole dei miei limiti, so che ci sono tante aree della mia vita che attendono ancora un lavoro serio… Potrò accompagnare un altro nella sua crescita?”. Potresti anche pensare: “Finché non sarò più saggio, più lucido… come potrò parlare agli altri dei modi per crescere e sviluppare?”. Considerare tutto questo, anche di non essere sufficientemente preparati, è logico e sensato.
Questo tipo di domande interne ha almeno un vantaggio: è un buon antidoto alla fantasia di onnipotenza con cui rischiamo di vestire la figura dell’accompagnatore. Smantella dalla base la pretesa di essere “un saggio che ha una soluzione per tutto”. Ma se lasciamo che questi pensieri limitanti assumano troppa forza, non ci considereremo mai sufficientemente preparati per accompagnare gli altri. Non importa quanto progrediremo nella nostra formazione, auto-scoperta e trasformazione… Continueremo a sentirci impreparati. In effetti, si può dire che l’atteggiamento più saggio e umile è quello di sapere che, più progrediamo, più siamo consapevoli di quanto dobbiamo ancora viaggiare.
In realtà, il processo di trasformazione nell’altro non dipende tanto dalla nostra “imbattibile qualifica” come accompagnatori, quanto piuttosto dalla nostra capacità e impegno nel metterci al servizio di una Sapienza più grande. È chiaro che dobbiamo avere una solida base di conoscenze. Ma ancora più importante sarà affinare la nostra capacità di rimanere sintonizzati con la forza della vita, che alla fine è quella che guida il processo di ogni persona.
Forse questo è uno dei punti chiave che differenzia un accompagnamento transpersonale da altri tipi di accompagnamento terapeutico. Ed è che non si tratta tanto di aspettare di essere “perfetti”, quanto di ricordare che, quando accompagniamo gli altri, stiamo anche rinnovando il nostro impegno permanente verso l’auto – indagine e verso la nostra crescita.